Artisti Moderni/Karl Plattner

Karl
Plattner

Karl Plattner di sé diceva: “… La mia pittura nasce come un alfabeto. Come dalle lettere si può formare una parola, da una macchia di colore deriva una forma. È un’unione organica di elementi che scaturiscono nel corso del divenire del lavoro. Nello sviluppo di un’opera io scopro l’oggetto o il soggetto che si va definendo… Allora subentra la memoria o l’inconscio e prende forma quello che io ho elaborato. Da questo procedimento nasce il quadro… Sono un creatore dunque e questa potrebbe essere la mia genesi. Ci sono cose che nascono e si sviluppano secondo un itinerario che è già incluso nelle prime mosse, nei primi accostamenti di colori, altre cose nascono così finite che non posso andare oltre senza violarne il segreto…”


Nato e formatosi al bilico fra due grandi culture d’Occidente, la nordica e la mediterranea, Plattner ritiene del pari i segni della civiltà del bosco e del tempio, dell’albero e della pietra, conservando di ambedue il gusto del simbolo, sia esso retaggio di cupe leggende o prodotto della solarità del pensiero, s’inarchi nei gorghi del groviglio vegetale o si distenda nelle cadenze abbacinate della luminosità metafisica. È per questo gusto del simbolo che Plattner non dipinge uomini, ma segni d’umanità; non ci presenta oggetti, ma situazioni allusive che, anche laddove appaiono luoghi di gesta solitarie, finiscono per riecheggiare rapporti d’ampiezza indefinita.

“Nella pittura di Plattner non v’è grande evidenza dello scorrimento cronologico. Se si eccettuano le sperimentazioni dei primissimi anni Cinquanta, quando l’artista riteneva di misurarsi con i linguaggi dell’avanguardia, ed in particolare con la lezione del cubismo, visto naturalmente dalla prospettiva critica di un uomo del secondo dopoguerra, la pittura di Plattner costituisce infatti un corpus molto omogeneo negli intenti e nella vocazione, con rare censure temporali e di stile. Identiche forme e identici saperi appaiono infatti costanti nella sua pittura, in una sorta di circolarità problematica, senza soluzione di continuità e via via ritornante, in una recidiva emergenza esistenziale. Il tempo non mitiga o evolve il piano soggettivo della percezione del sé e dei contenuti, né, tanto meno, quello oggettivo della sua visione coerentemente ancorata per oltre trent’anni ad una chiara definizione del campo della rappresentazione in direzione realistica, vocazione sostenuta da una ferrea disciplina del mestiere. È quest’ultimo atto, quello del dipingere, la prima e forse più immediata qualità del suo lavoro, che prende avvio al torno degli anni Quaranta da un severo tirocinio come frescante, e che poi via via si affina nella pratica del fare, nella curiosità del confronto e, soprattutto, nell’esercizio quotidiano delle tecniche, fino a raggiungere quella straordinaria dimestichezza, che è non solo di tutta la sua pittura, ma anche del disegno, dell’acquaforte, della litografia, del pastello, terreni fertilissimi per ricevere l’impronta di una mano esperta, che ne mette in gioco tutte le possibilità espressive, cosicché la scelta del mezzo diventerà del tutto casuale. Nell’opera di Plattner non esiste infatti gerarchia tra dipinto su tela e su carta, né, dunque, tra la paziente lavorazione ad olio, dove la forma e la figura sedimenta per settimane e mesi, talvolta anche per anni, e la più immediata risoluzione a pastello o matita, che traduce nella leggerezza del gesto e nella morbidezza cromatica, l’identica passione del ricercare […] Egli agiva sulla tela con cautela e passione insieme, lavorando la materia del fondo per lunghi periodi e per lunghi periodi anche abbandonandola, per poi rinnamorarsene all’improvviso, quando dalla superficie, preparata secondo le antiche tecniche, emergeva una qualche figura o meglio una qualche sembianza, che nel suo immaginario prendeva via via forma, suggerendo nell’associazione con la memoria, figure compiute cui dare vita e destino. […] Sulle tracce di questa riesumazione della forma, tanto più prodigiosa quanto imprevedibile, Plattner operava con stupore e fermezza, assecondando la nascita di un nuovo quadro solo quando pensiero e immagine, che via via appariva dall’informe del fondo, andavano sovrapponendosi in una congiunzione compiuta di progetto e segno.”

Biografia

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Ultimo di dieci figli, Karl Plattner nasce a Malles, in Val Venosta, il 13 febbraio 1919. All’età di 4 anni resta orfano di padre. Lo alleva la madre, insieme agli altri figli, in condizioni molto modeste. Ancora bambino, Plattner manifesta il desiderio di dipingere. Volendo guadagnarsi da vivere con la pittura, terminata la scuola dell’obbligo va a bottega da un imbianchino, dal quale impara il mestiere, per lavorare poi per una ditta più grande a Bressanone. Lì, nel suo tempo libero, comincia a dipingere. Grazie alla conoscenza, nel 1938, di Anton Sebastian Fasal, allora professore dell’Accademia di Vienna, comincia il suo apprendistato all’Accademia, interrotto fino al 1945 a causa della guerra. Tornato libero dal servizio nell’esercito italiano, s’iscrive dapprima all’Accademia di Firenze e poi all’Accademia di Brera di Milano. Attirato dalla città di Parigi, vi si trasferisce nel 1949, frequentando la libera Accademia de la Grande Chaumerie e la scuola privata di André Lhote. Tra il 1949 e il 1950 Plattner studia e lavora a Milano e Firenze. In questi anni gli vengono commissionati i suoi primi affreschi in Alto Adige. Nel 1950 si trasferisce in Francia, dove conosce Marie Josephe Texier, sua futura moglie. Realizza i cartoni per gli affreschi dei Monumenti ai Caduti di Malles e Naturno, il primo dei quali viene considerato dall’artista come il suo “primo lavoro che ha lasciato una certa impronta. Negli anni 1952-‘54 e 1956-‘58 Plattner e la moglie vivono in Brasile, realizzando così il desiderio di lasciare l’Europa. Nel frattempo vince un concorso bandito dalla Giunta Provinciale dell’Alto Adige per la decorazione rappresentante le “attività produttive, economiche e culturali o motivi di paesaggio della Provincia” sulla parete principale della sala delle sedute nel palazzo consiliare. Prima del suo ritorno definitivo dal Brasile, espone le sue opere in due mostre a San Paolo. La conoscenza di Clemens Holzmeister nel 1959, per il quale realizza una tavola per il palazzo del Festival di Salisburgo, segna l’inizio di un rapporto professionale e di una lunga amicizia. Dipinge una Pietà (considerata “poco religiosa”) per la chiesetta di Aslack, in Val Venosta, e si trasferisce a Tourettes sur Loup nella Francia meridionale, dove riceve notizia del crollo finanziario della Banca Brasiliana dove ha depositato il suo denaro. Si trasferisce quindi a Milano, dove espone alla Galleria Il Milione. Negli anni 1963-1964 dipinge gli affreschi nella cappella del Ponte Europa, definito dal critico Raffaele de Grada “il più ricco ciclo narrativo sulla storia d’Europa”. Dopo 15 anni si trasferiscono a Parigi, dove si ammala e nel suo lavoro si sente isolato. Solamente dopo quattro anni, nel 1981, decide di esporre le sue opere alla Galleria Hervé Odermatt. La successiva dimora dei Plattner sarà a Cipières, in Costa Azzurra, cui s’alternano soggiorni a Parigi, Milano e Burgusio. Karl Plattner scompare tragicamente l’8 dicembre 1986, all’età di 67 anni.

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